Marie Claire - Intervista del presidente AFFI Cristiano Genovali

Di Ferdinando Cotugno

Dice Cristiano Genovali dell'Associazioni floricotori e fioristi italiani che nella primissima fase della pandemia il blocco e lo shock sono stati totali. I DPCM hanno riaperto i negozi solo ad aprile inoltrato, alcuni coltivatori hanno dovuto buttare via il 100% della produzione lavorata in inverno. «Sono stati macerati miliardi di steli. C’è chi li butta nel campo e li fresa col trattore. Altri li fresano in serra. Diventa concime. Una carissima sostanza organica». Poi, tra consegne digitali e riaperture, il fiore pandemico si è ripreso, il verde è stato da metà aprile in poi considerato un bene di prima necessità, come i libri. Il settore ha dovuto riorganizzarsi, perché in Italia vive soprattutto di eventi: matrimoni, cresime, battesimi, lauree, tutte cose perdute. Però c’è stata nel frattempo una nuova educazione nazionale al fiore. Secondo Genovali, un po’ stiamo diventando come i nord europei, che il fiore ce l’hanno sempre nel paniere della spesa, perché porta il colore dentro le case quando all’esterno non ce n’è. La pandemia ci ha portato a bisogni simili, un rapporto diverso con i colori, le piante, la casa. Le piante fiorite da casa in particolare stanno vivendo un momento di splendore. Anche il singolo stelo è cresciuto, Affi stima il 10%, ma a fronte di un contesto depresso, che dopo il trauma del 2020 ha ridotto la produzione del 50%. E poi c’è anche un cambio generazionale: «C’è un ritorno al fiore nelle nuove generazioni, hanno una sensibilità maggiore, sarà l’estetica dei social, sarà la fotogenia, sarà Instagram, ma i fiori sono tornati tra i giovani».

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